Alle mie figlie
avere come mamma bocca di rosa
Regia Stefania Tagliaferri
Dramaturgia Verdiana Vono
Con Elisa Armellino, Valentina Celentano, Eleonora Cicconi
LUCI Tea Primiterra
COSTUMI Fabio Porliod
FOTO DI SCENA Giorgio Prodoti
Produzione Compagnia teatrale Palinodie
Alle mie figlie. Avere come mamma Bocca di Rosa è un lavoro di nuova drammaturgia che nasce a partire da uno studio di Stefania Tagliaferri avviato durante il Festival di Regia Fantasio 2018, intorno alla canzone Bocca di Rosa di Fabrizio De André.
È una riflessione sull’eredità affettiva e intellettuale di Bocca di Rosa e vuole interrogarsi sul percorso di emancipazione femminile dal ’68 a oggi.
Stiamo vivendo un momento storico drammatico a livello politico, in cui le libertà conquistate da chi ci ha preceduto, donne e uomini, sono fortemente minacciate da reflussi di ignoranza e di intolleranza di altre donne e di altri uomini. Il senso di “Alle mie figlie” è quello di ribellarsi, di gridare che no, noi non siamo d’accordo con l’immagine che ancora una volta altri ci vogliono cucire addosso. Alle mie figlie è un canto di libertà.
In scena tre ragazze. Tre donne.
Abitano quel passaggio tra l’essere ragazza e l’essere donna che nella nostra epoca non si sa più quando avvenga.
Sono in viaggio per un avvenimento importante.
Sono sorelle.
Sono nervose.
Sono le figlie di Bocca di Rosa.
Lei non c’è più ed è sempre così presente, come ogni madre.
Le ragazze stanno accompagnando la sorella minore a un concerto importante. È diventata cantante, a forza di sentire tutte quelle cassette di De André e tutte le storie di sua madre.
Si rompe la macchina. E scende la notte.
Sono sorelle.
Sono arrabbiate.
Hanno paura.
Cosa succederà su quella strada?
Cosa succederà alla loro carriera?
Cosa succederà alla loro storia d’amore?
Alle mie figlie è costruito su un doppio spostamento di punto di vista: generazionale e di genere.
Il personaggio di Bocca di Rosa in scena è raccontato da donne di una generazione abbondantemente successiva alla canzone. Alle mie figlie è una riappropriazione del racconto ed è una riappropriazione sudata e necessaria, a volte anche dolorosa. Perché per una donna spesso è davvero insopportabile che i grandi personaggi femminili della letteratura (e quindi anche del cantautorato) siano delle proiezione della visione maschile: Bocca di Rosa, M.me Bovary, Anna Karenina, Beatrice, Nora, Nina, Edda Gabler, Sally, Bella Stronza, Sara, Penelope, Ecuba, Ifigenia, Cassandra, per arrivare anche a Maria, madre di Gesù.
Due ragazze sono sul ciglio di una strada deserta. È notte.
La macchina non riparte. Non c’è campo. Sono le figlie di Bocca di Rosa. Una terza sorella le sta aspettando in un altro luogo, al suo concerto.
Nella notte che dura lo spettacolo, le protagoniste sono bloccate. Nessuna via di fuga all’ orizzonte. È in questo buio che cercano le chiavi per riappropriarsi di uno sguardo che sappia andare più lontano del presente e che non si perda nella malinconia del passato.
La sovrapposizione di piani temporali, l’andamento destrutturato delle scene, l’andare e il venire da una condizione di realismo restituiscono al pubblico la complessità dell’affrontare un viaggio interiore. Perché ammettere che qualcosa non va è difficile in primis davanti a se stessə.
In Alle mie figlie si parla di sesso, di rivendicazioni, di pacificazioni. Si balla e ci si nasconde. Si ha paura. Quanto può durare una notte?